Il caporalato nei campi romagnoli è il caporalato degli appalti illeciti e delle “false cooperative” che creano gigantesche evasioni fiscali e concorrenza sleale. Sostegno a chi sta svolgendo le indagini, ma interroghiamoci anche da dove parte questa degenerazione
Il caporalato delle false cooperative venuto alla luce nelle cronache di questi giorni nei campi e negli allevamenti romagnoli è anche figlio della deregolamentazione che è stata introdotta nel settore degli appalti in questi ultimi anni: continui interventi legislativi sulla responsabilità solidale dei committenti, per arrivare alla completa depenalizzazione del reato di somministrazione illegale di manodopera (D.lgs 8/2016) e all’abrogazione del reato di somministrazione fraudolenta di manodopera (Jobs Act).
Ci sono precise responsabilità politiche dei governi di questi ultimi anni, prima fra tutte del governo Renzi e del suo Ministro del Lavoro Poletti, ma anche precise responsabilità delle imprese committenti (comprese le imprese agricole) che, attraverso discutibili appalti, si affidano ad imprese appaltatrici che offrono i loro servizi a prezzi stracciati, spesso con risparmi sul costo del lavoro che vanno oltre il 40%.
Oltre allo sfruttamento del lavoro, in alcuni casi paragonabile alla schiavitù, c’è anche una enorme evasione fiscale e d’IVA che le innumerevoli indagini della Guardia di Finanza hanno portato alla luce in tutto il territorio nazionale: consorzi, cooperative o SRL, con a capo semplici prestanome spesso stranieri con un curriculum imprenditoriale lungo svariate pagine, fatturano all’impresa committente i loro servizi; l’impresa committente “scarica” l’IVA, l’impresa appaltatrice (SRL o falsa cooperativa) scompare dopo qualche annetto non versando le imposte dovute, compresa l’IVA che, nel frattempo, il committente ha incassato dallo Stato. Ecco il colossale affare che si nasconde dietro certi appalti!
I caporali catturati, probabilmente, non pagheranno nulla perché non avranno nulla che possa essere aggredito patrimonialmente. Mentre i committenti, anche grazie alle recenti modifiche legislative, continueranno a dormire sonni tranquilli, cercheranno sulla piazza altre imprese appaltatrici a “buon mercato” e continueranno a creare concorrenza sleale, mettendo in pericolo l’esistenza delle imprese che vogliono rispettare leggi e contratti.
I caporali scoperti nell’inchiesta romagnola sono semplici pedine di un sistema di veri e propri “cooperatifici” che stanno infestando tutte le zone d’Italia: Modena, Milano, Roma, Cremona, Mantova, Verona ecc. Non c’è nessun settore che si possa ritenere escluso: dai campi alla logistica, passando dagli ospedali per finire nei macelli; da oltre sedici anni la Flai Cgil dell’Emilia Romagna sta denunciando a tutte le istituzioni quanto sta avvenendo nella filiera agroalimentare della nostra Regione.
Per garantire legalità negli appalti, è sì necessario sostenere l’azione degli organi inquirenti, ma anche individuare i cambiamenti legislativi che hanno permesso e stanno permettendo questa degenerazione nel nostro sistema produttivo. C’è un caporalato che si nasconde anche dietro l’intermediazione illegale di manodopera, attuata tramite appalti illeciti, utilizzato per abbassare il costo del lavoro e che crea una competizione selvaggia e illegale fra le imprese.
Le eccellenze delle nostre produzioni, la competitività delle nostre imprese si salvaguardano se c’è il rispetto della legalità. Dispiace constatare che, nei rinnovi dei contratti provinciali agricoli del nostro territorio regionale, alcune associazioni degli agricoltori continuino a richiedere abbassamento del costo del lavoro e interventi contrattuali per attenuare le disposizioni previste dalla Legge 199/2016 (Legge contro il caporalato). Dispiace constatare che, nella filiera della macellazione, lavorazione e trasformazione delle carni, chi rappresenta le imprese del settore non dica basta ad un modello organizzativo identico a quello recentemente scoperto nelle campagne romagnole
Umberto Franciosi
Segretario Generale Flai Cgil Emilia Romagna