Telecom: prova di forza con botto per avere una maggioranza di RSU che non ha

450 RSU convocate dall’azienda per firmare l’accordo sulla mobilità volontaria, primo passo dell’intesa separata sottoscritta il 7 settembre; solo attraverso invenzioni assolutamente al di fuori di ogni regola, il voto sull’accordo è stato espresso da 62 lavoratori tramite delega senza neanche conoscerne i contenuti, con cui ottiene una maggioranza di consensi risicatissima, fermandosi a 231 aderenti, 5 in più di quelle necessarie da quanto stabilito dall’accordo interconfederale del 10 gennaio 2015.

Questa la triste sintesi della giornata di ieri, una brutta pagina delle relazioni sindacali di Telecom che per ottenere i propri desiderata ha deciso di non rispettare nessuna regola e calpestare ogni principio democratico, gestendo in maniera totalmente priva di trasparenza la procedura di firma dell’accordo.

La riunione è stata aperta dall’illustrazione, da parte aziendale, delle motivazioni che hanno portato Telecom ad aprire le procedure di mobilità. L’azienda ha confermato i contenuti  dell’accordo separato del 7 settembre, ribadendo gli ottimi contenuti previsti dall’intesa.

SLC CGIL in sede di replica ha dapprima evidenziato l’anomalia, non concordata tra le parti e mai praticata in nessun incontro sindacale dell’intero panorama nazionale, della modalità di espressione del voto tramite delega.

In pratica alcune RSU delegavano la firma di un accordo senza conoscerne i contenuti, in un fantasioso principio di “delega della delega”, nascondendosi dietro una previsione del Codice Civile che disciplina il voto nelle assemblee degli azionisti e in quelle dei condomini.

Gestione delle deleghe avvenuta con totale assenza di trasparenza, perché nessuno ha potuto verificarne l’autenticità e che aumentavano in corso di giornata, partendo da 56 (dato dichiarato dall’azienda alle ore 16.00 che non consentiva di raggiungere la maggioranza) per diventare 62 a fine giornata.

Nel merito, SLC CGIL ha ricordato le incongruenze dall’accordo separato del 7 settembre, che certifica inopinatamente la presenza di ulteriori 3000 esuberi nel gruppo Telecom, violando gli impegni assunti con la sottoscrizione dell’accordo del 27 marzo 2013. Accordo che prevedeva il completo riassorbimento degli esuberi in cambio di pesanti sacrifici che i lavoratori hanno dovuto accettare, senza nessuna verifica sugli esuberi denunciati e senza nessuna prospettiva certa di riallocazione in azienda.

In questo modo, Telecom potrà rivendicare in ogni momento l’eccedenza di personale e non avendo impegni per una ricollocazione del personale potrà decidere di attivare, alla fine dell’utilizzo degli ammortizzatori sociali, i licenziamenti.

In quest’ambito, SLC ha ripetuto la totale disponibilità ad avviare un confronto con l’azienda per aggredire i veri problemi che imprigionano l’azienda, chiedendo di avviare un confronto con il coordinamento che parta dal modello organizzativo per poi verificare la presenza o meno degli esuberi denunciati e decidere quali strumenti utilizzare e che prospettive introdurre a favore dei lavoratori.

In particolare, la CGIL ha ricordato come le uscite anticipate rischino di impattare con le penalizzazioni, che partiranno dal 1 gennaio 2018 e di cui il Governo sta annunciando modifiche già dal prossimo anno, a chi deciderà di andare in pensione prima. Inoltre, ha ricordato la pesante decurtazione, introdotta dalla riforma degli ammortizzatori sociali, alle integrazioni per la solidarietà. SLC ha chiesto, come previsto dalla procedura di legge, di aggiornare l’incontro per avviare un confronto serio e costruttivo in grado di consentire all’azienda una maggiore aggressività nella competizione sul mercato e una verifica, in sede di Ministero del Lavoro, sull’utilizzabilità degli strumenti individuati.

La replica aziendale è stata, viziata da un’accecante rabbia nei confronti di chi osava contraddire il volere aziendale, sconfortante.

L’azienda ha confermato che le procedure non sono state costruite sulla base di esuberi reali ma individuando aree e settori in cui ci potrebbe essere del personale interessato dalla mobilità volontaria, aumentato di un quoziente per accontentare eventuali lavoratori che decidessero  di lasciare anticipatamente il servizio.

In questo modo si stravolge completamente il principio della legge che interviene riconoscendo soldi pubblici ai lavoratori licenziati per esuberi reali per i quali prevede un confronto, che può durare sino a 75 giorni con una fase da realizzarsi in sede ministeriale, che verifichi l’impossibilità d’interventi alternativi ai licenziamenti.

Nulla di più e nessuna risposta alle richieste di documenti avanzate dalla CGIL è stata fornita; soprattutto sulla situazione provinciale degli avviamenti obbligatori che pensiamo essere il vero obiettivo della procedura: impedire alle Direzioni Provinciali del Lavoro di richiedere all’azienda l’assunzione di personale disabile per contribuire, come tutte le aziende italiane, ad alleviare le sofferenze di personale diversamente abile.

Il resto della giornata è trascorso in mille imbarazzi di un’azienda che non poteva fornire i numeri delle RSU che “firmavano” l’accordo con dichiarazioni che modificavano le presenze di minuto in minuto fino a, nostra supposizione, inventare il numero delle deleghe presenti portandole a 62.

CGIL per verificare le deleghe, pur confermando che il voto attraverso la delega è incettabile e illegittimo dal punto di vista democratico (è come se un parlamentare o un consigliere comunale votassero per delega), ha dovuto chiedere l’intervento della polizia presente all’incontro.

La verifica ha subito fatto emergere molte incongruenze, come assenti che delegavano se stessi firmando, nonostante non fossero presenti.

E’ evidente che questa brutta pagina delle relazioni industriali di Telecom si trasferirà dai tavoli negoziali ai Tribunali perché SLC ritiene illegittima tutta la procedura e chiederà un pronunciamento della Magistratura per ottenere il rispetto delle regole.

Analogamente coinvolgerà Ministero del Lavoro e Inps per non far riconoscere i contenuti dell’accordo e bloccarne l’esecutività.

In azienda sarà necessario riconquistare il tavolo negoziale. Sarà necessario aprire una stagione di forte conflittualità per far comprendere alla dirigenza di Telecom che senza il consenso dei lavoratori e quello della CGIL in azienda non sarà possibile procedere e che ogni accordo dovrà vedere il coinvolgimento e la convinzione della rappresentanza della CGIL.

Il vero obiettivo è e resta quello di tornare ai principi che hanno reso possibile l’accordo del 27 marzo, di cui una parte significativa non è stata rispettato dall’azienda (vedi le riconversioni professionali dal Caring a Open Access) che oggi è rivenduto come specchietto per le allodole.

Sarà necessario costringere l’azienda a ritirare la dichiarazione di esubero in tutte le aree su cui è intervenuto l’accordo del 27 marzo perché l’intesa prevedeva in esplicito un impegno aziendale, in cambio degli enormi sacrifici fatti dai lavoratori, a internalizzare le attività per saturare la forza lavoro presente.

Prioritaria diventerà la lotta nei confronti di un ritorno al passato, gestito attraverso appalti facili che impoveriscono le capacità dell’azienda di competere sul mercato mettendo a rischio il futuro di migliaia di dipendenti.

SLC CGIL, tutte le sue strutture e le RSU elette nelle proprie liste vogliono aprire un confronto serio per risolvere i problemi che attanagliano Telecom, portandola a essere oggetto di sanzioni, multe e spreco di denaro per favorire appalti di cui tutti ignorano la necessità.

SLC CGIL ha scommesso sul 27 marzo 2013, ritiene che solo quella strada possa portare Telecom fuori dalle difficoltà odierne e perseguirà tutte le strade necessarie per riportare i vertici aziendali su questa posizione.

E ora la parola passi ai lavoratori: tramite il pronunciamento in assemblea e tramite il voto per esprimere la propria rappresentanza.

La Segreteria Nazionale di SLC‐CGIL

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